Autore: Cooperativa sociale Arcobaleno
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23 dicembre 2024
Dario, artista cinquantacinquenne sardo, approda alla Cooperativa Arcobaleno dieci anni fa. Subito si distingue per la sua poliedricità, manifestata, con inventiva e grazia, nei suoi originali dipinti, nelle sue celebri sculture e nelle esclusive e complesse ceramiche in terracotta. La scultura fu il primo amore di Dario. Dalle sue realizzazioni, operate con pietra di mare e argilla, si possono scorgere visi e figure umane, che, emersi dal nulla, sono intenti a gridare l’appartenenza al gioioso, ricorrente e articolato mondo dei sogni di Sedda. Come premio alla sua visionaria creatività, il Museo della Civiltà del Mare ha scelto di esporre alcuni di questi suoi unici manufatti, prestigioso evento, che denota l’alta caratura dell’artista sassarese. La conclamata inventiva di Dario traspare inoltre dai suoi onirici oli su carta. Essi, apprezzati da innumerevoli appassionati, sono un orgasmo futuristico di colori e geometrie curve, dove, la precisione e l’armonia della luce, non possono non incantare lo strabiliato osservatore. E’ nella ceramica tuttavia che Dario eccelle in maestria. Le sue pregevoli opere in terracotta, infatti, sono straordinari vasi dalla curiosa forma tronco-piramidale, decorati con un pullulare di numeri e lettere provenienti da remoti alfabeti: l’arabo per esempio, ma anche il fenicio, il corinzio, il punico, senza dimenticare il burundi e l’indi. L'autore di questo testo, ammirato da cotanta sensibilità, ha posto al Creativo isolano una conclusiva domanda. Questa ha generato un’originale risposta totalmente condivisibile. Ascoltiamola! Cesare: “Dario, ti ho sentito spesso citare la “teoria dei vasi comunicanti” applicata alle tue ceramiche. Potresti chiarire meglio il tuo pensiero?” Dario: “Guarda… i miei vasi in terracotta è come se “parlassero”. Essi “comunicano” con le decorate anfore della cultura mediterranea, con il vasellame prodotto dagli antichi maestri africani, e con le stimolanti porcellane del medioevo giapponese. Le opere che produco oggi, in sostanza, non sono altro che l’espressione del continuo “dialogo” tra l’arte moderna e quella antica, sì, di tutto il mondo